lunedì 16 dicembre 2013

VERSI AMENI




SALUTI AL RAGNO

Ciao ragno fedele, l’autunno ti ha inghiottito:
dopo mesi di compagnia discreta
ci siamo salutati senza dirci nulla
come fosse una legge ineluttabile.
Eri silenzioso e infaticabile:
le tue ragnatele tocchi d’arte
l’arte della superba e sventurata Aracne.
La tua tela sfiorava la parete bianca
leggera saltellava tra i cadaveri di zanzare
spiaccicati contro il muro
e resisteva alla ramazza che a volte
la distruggeva.
Ma tu non ne avevi a male:
sei fatalista, questo l’ho capito,
accettavi il destino e non fiatavi
aduso da millenni alla sfortuna
e a tessere tele all’infinito.
Eri l’amico fragile:
grazie per la compagnia notturna
grazie per il silenzio delle tue passeggiate sulla parete
grazie per gli insetti trangugiati
o per quelli avviluppati nella tua tela
e poi scomparsi nella lupara bianca entomologica.

ELOGIO DELLO ZANZARICIDA

Confesso, uccido senza rimorso.
Lo so: ci fosse un tribunale di zanzare
sarei condannato per genocidio.
Non potrei nemmeno difendermi
asserendo che eseguivo gli ordini.
Uccidevo appostandomi per lunghi minuti,
armeggiando con sapienza con l’abat-jour,
miscelando luce e buio per confonderle.
Tendevo poi l’orecchio e “zac”,
congiungevo le mani e poi godevo, sì,
godevo nel vedere la rompipalle schiacciata
e il sangue, frutto del suo latrocinio,
inzaccherare i miei palmi.
Oppure, esausto per il continuo ronzare
nella tropicale umidità estiva,
menavo fendenti alle tenebre
finché non accendevo la luce
e affrescavo sul muro un giovane fossile di zanzare.
Ora che l’estate è terminata non condannatemi
penose imitatrici di Dracula:
a primavera vi aspetto ancora qui.

 
MOSCA

Ti ricordi quella notte che non finiva più:
ero solo in casa, le zanzare non davano pace.
Ogni volta che accendevo la luce
tu riprendevi a ronzare stancamente
come se ti stessi lamentando
e volessi dirmi che non ti facevo dormire.
Ma tacevi per delicatezza.
Sei stata gentile, sai, a sopportarmi quella notte
piccola mosca che crepavi di sonno.
Quel tuo ronzare mi teneva compagnia
appena accesa la luce
e, al buio, sapere che tu dormivi
posata sulla tenda, sul comò o chissà dove
mi confortava.
Chissà dove sei finita, t’ho perduta:
qualche tua amica l’ho anche accoppata
con lo strofinaccio in cucina,
spero però non fossi tu…

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