martedì 15 maggio 2012

Poesie sul calcio



Ci sono “leggende” anche in uno sport, come il calcio moderno, che di leggendario e di artistico sembra avere ben poco. I soldi, le scommesse, l’abuso di farmaci, la violenza e così via, sono ferite nel corpo e nell’anima dei tifosi. Eppure il calcio è ancora seguitissimo ed è per molte persone una passione, a volte eccessiva, talvolta potente. Forse perché quasi tutti, da ragazzini, almeno una volta hanno giocato a pallone. D’altra parte, è un gioco facile da giocare: bastano un pezzo di cemento, oggetti di qualsiasi genere per fare i pali delle porte (ma si può giocare anche a una porta). Poi ci vuole un pallone, sebbene ridotto male, e un amico. Però si può anche giocare da soli. E non è necessario essere in undici. Si può essere in tre, quattro, cinque. Così il “gioco” è fatto: è sufficiente infine tirare calci a un pallone, anche con la punta delle scarpe, come viene. L’azione di dare calci è tra le più naturali del mondo: quando camminiamo, quante volte, senza pensarci, abbiamo dato un calcetto a una piuma, a una foglia che capita tra i nostri piedi, a una cicca di sigaretta, o al vento…?
Più tardi, per chi ha talento, arriveranno le scarpe con i tacchetti, i campi, le prime sfide, le prime incavolature, i primi insulti, la prima rete; per i pochissimi che sfondano ci saranno soldi, gloria, fatica, ma a volte anche sofferenza, drammi.
Sembra che gli Atzechi (o erano i Maya?) giocassero con la palla uno sport non dissimile dal gioco del calcio. Celebre poi è il calcio fiorentino, che è però più affine al moderno rugby. Il calcio come oggi lo conosciamo nacque in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento. E ha conquistato il mondo intero, Stati Uniti a parte (forse allergici a tutto ciò che veniva dal Regno Unito).
Qualche intellettuale disprezza il calcio, giudicandolo, a seconda dei casi, uno sport per gente belluina oppure uno sport giocato da ricchi scemi. Opinione accettabile: se non si condivide una passione è impossibile capirla. Meno giusto sarebbe denigrarla. Il calcio, nonostante tutto, è ancora lo sport più popolare, anzi, più nazional-popolare, e questo è significativo.
È un gioco che può riservare gioia e dolori, e che può ospitare in sé anche della poesia. La traiettoria perfetta, liftata, di un pallone che si infila in rete dopo aver disegnato un arco in aria, non è un atto artistico? Certo, artistico in senso “basso”, ma comunque tale è. Il balzo del portiere che arriva in alto e che, per un pelo, riesce a toccare il pallone, evitando di subire una rete, non può avere il sapore di un’opera d’arte? E il clima di passione (quando non degenera), la tensione, la gioia sfrenata della vittoria, le lacrime della sconfitta, la sfida uno contro l’altro, che ammette un solo vincitore, hanno talvolta il sapore di un momento lirico.
Ecco perché mi piace mettere qui due poesie sul gioco del pallone. La prima è di Umberto Saba (1883-1957), che scrisse cinque famose poesie sul gioco del calcio. Saba era tifoso della Triestina (i “rosso-alabardati”), una squadra gloriosa tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta. La poesia qui riprodotta celebra la leggerezza e la giovinezza dei calciatori che appaiono lontani da angosce e tristezze. Si tratta di un’illusione, senza dubbio, ma il poeta sembra non volerci pensare; egli è anzi lieto nel vedere che quei giovani illudano anche lui illudendo se stessi.
L’altra è una poesia, minore, scritta da Vittorio Sereni (1913-1983). Probabilmente è dedicata a una vittoria della Juventus (che negli anni ’30 vinse cinque scudetti di fila) a Milano contro l’Inter, allora chiamata Ambrosiana. In questi versi il tripudio della partita, la festa, sono contrapposti al silenzio, spesso amaro, che segue ogni allegria. E l’illusione della gioia non è temperata da alcuna consolazione, ma è una presenza colma d'angoscia, che culmina in una serata piovosa dove ogni tripudio e passione si spengono.

Squadra paesana (U. Saba)

Anch’io tra i molti vi saluto, rosso-alabardati,
sputati dalla terra natia,
da tutto un popolo amati.
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.

Le angosce
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi così lontane!
La gloria vi dà un sorriso
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.

Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento a sua difesa. V’ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.

DOMENICA SPORTIVA (V. Sereni)

Il verde è sommerso in neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano ricosse a un hallalì
squillato dietro barriere di folla.
Ne fanno un reame bianconero.
la passione fiorisce fazzoletti
di colore sui petti delle donne.

Giro di meriggio canoro,
ti spezza un trillo estremo.
A porte chiuse sei silenzio d’echi
nella pioggia che tutto cancella.

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